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L’elemento più caratterizzante di questo territorio è il Contrafforte Pliocenico, una formazione  rocciosa di grande importanza non solo dal punto di vista paesaggistico e ambientale, ma anche da quello storico. L’interesse geologico del Contrafforte ci racconta anche un’altra storia, quella della terra, perché la storia non è fatta solo di date e di avvenimenti, ma è anche la storia del nostro pianeta e delle trasformazioni dell’ambiente in cui viviamo. Questa parte di territorio rappresenta una vera e propria pagina di quel grande libro a cielo aperto che è la terra.

Il contrafforte si presenta come una muraglia naturale che si eleva sulla pianura e si distingue dalle colline circostanti, caratterizzata da un insieme variegato di ripide pareti, burroni e rupi, alcune delle quali dalle forme uniche dal punto di vista paesaggistico.

Il colore del contrafforte è il giallo dorato dell’arenaria, ciò che resta di antiche sabbie marine, che si sono depositate all’inizio del Quaternario, in un arco di tempo compreso tra 5 e 1,6 milioni di anni fa, il Pliocene, appunto.

Questa vena di roccia si snoda dalla Rupe di Sasso, alla confluenza dei fiumi Setta e Reno, fino al Monte delle Formiche, tra le Valli dei torrenti Zena e Idice. La sua altitudine massima è di 700 m., con alcuni rilievi che svettano sugli affioramenti di livello più basso, come Monte Adone (655 m.), la Rupe di Livergnano (603 m.), la Rupe di Sadurano (592 m.), e il Monte delle Formiche (638 m.).

Il contrafforte è area protetta e rientra nell’omonima riserva naturale, istituita nel 2006

Quando qui c’era il mare

L’origine del contrafforte ha a che fare gli innalzamenti e abbassamenti della terra e del mare a seguito delle successive glaciazioni. Nel periodo pliocenico, il Mare Adriatico copriva gran parte della Pianura Padana e dell’Appennino odierni: l’abbassamento del fondo marino a causa del peso dei sedimenti (fenomeno noto come subsidenza, tuttora attivo in queste zone) aveva provocato la formazione di un golfo che entrava per circa 30 km. all’interno dell’Appennino. I torrenti che scendevano dalle montagne avevano una portata simile a quella odierna e scaricavano grandi quantità di materiale alluvionale, rappresentato da limo, sabbie, ghiaie e ciottoli.

Durante il Pliocene questa zona alluvionale si era spostata a 10-15 km. dalla via Emilia, in direzione dei rilievi montuosi. Alla fine del Pliocene, l’Appennino si è sollevato, facendo sparire il golfo e facendo emergere le rocce depositate. Si era così invertito il fenomeno della subsidenza, in un’alternanza tra sprofondamento e immersione che caratterizza ancora oggi la vita dei terreni di origine sedimentaria. L’esposizione delle formazioni emerse agli agenti naturali ha fatto sì che i depositi di sabbia si siano cementificati a causa dell’effetto delle piogge e che i rilievi siano stati erosi dai venti e dai corsi d’acqua, dando origine alle belle sculture naturali che possiamo tuttora ammirare.

Le vene rocciose del contrafforte sono in molti punti ricche di fossili, tra cui ossa e scheletri di diversi animali preistorici: nella località di Gorgognano, in val di Zena, è stato effettuato l’eccezionale ritrovamento del corpo fossilizzato di una balenottera. L’originale ora è conservato presso il Museo Geologico “Giovanni Capellini” a Bologna, mentre sul posto è possibile vedere una copia in gesso.